"Quel giorno la sua assenza faceva più rumore del solito. Non riuscivo a sopportare il frastuono di quel silenzio. Mi sentivo una tossicodipendente di emozioni. L’astinenza prolungata dalla sua voce, dal suo profumo, dalle sue manie per l’ordine e la precisione, mi stavano scavando l’anima. Lo sguardo si perdeva in fondo alla stanza, alla ricerca di un flebile indizio della sua presenza che potesse provare a consolare l’assordante grido del mio dolore; sembrava non ve ne fosse traccia e che non vi fosse niente capace di attenuare lo squarcio della mia anima.
L’odore della sua pelle era svanito dalla sua vestaglia e dal suo cuscino; tutte le sue cose erano state lavate e riposte nell'ordine che a lei piaceva tanto rispettare. Corsi in cucina: ricordai che lei era solita preparare le pietanze in quantità maggiori di quanto non ce se servissero.
Amava ripetere che bisognava essere pronti ad accogliere a tavola in qualunque momento familiari e amici, perciò riempiva il congelatore dei suoi migliori manicaretti. Il mio bisogno restò ancora una volta inappagato: nei giorni della malattia, io e mio padre, eravamo ricorsi spesso a quelle provviste per colmare fugacemente il vuoto nello stomaco e correre nuovamente al suo capezzale.Improvvisamente mi ricordai di quel suo progetto di preparare delle scatole di biscotti ripieni fatti in casa: sarebbe stata la sorpresa per i nipotini la notte di Natale. Li avrebbe riempiti con quella confettura preparata con tanto anticipo e tanta premura prima che si ammalasse. Dove l’aveva riposta? La dispensa era stata rimessa in ordine e non vi era traccia di quel vasetto di marmellata. Dovevo cercarlo: avevo bisogno di tuffarmi in quel sapore. L’ansia di non trovarlo cresceva in misura proporzionale alla bramosia di ritrovare quel piacere. Al culmine di una ricerca estenuante e carica di aspettative, scovai quel vasetto in fondo al ripiano della vecchia credenza della nonna. Mia madre aveva ereditato da lei tutti i suoi segreti in cucina e forse per questo amava riporre le sue ricette più riuscite proprio in quel vecchio mobile di famiglia. Svitai lentamente il coperchio come a voler rendere eterno quell'istante, afferrai un cucchiaio e nella mia memoria si fecero spazio alcune reminiscenze di un brano di E. Hemingway letto ai tempi del liceo... “Era un grosso vaso da cold cream e quando ne svitai il coperchio vidi che il contenuto era scuro e appiccicoso e aveva l’odore dell’oppio allo stato grezzo”.
Mi sentì uno di quei personaggi alla ricerca urgente di una dose, in quel
vecchio bar dal nome evocativo “Hole in the Wall”, ritrovo di
disertori e spacciatori di droga durante la guerra. Affondai il cucchiaio
nella confettura e avvicinai al naso quella delizia: il profumo che per anni
aveva fatto da cornice ad un infinità di momenti apparentemente insignificanti,
improvvisamente sembrò bloccare lo scorrere del tempo e riportare indietro le
lancette dell’orologio: le golose colazioni prima di mettere lo zainetto in
spalla, la merenda per noi bambini durante quel pic nic al lago con gli zii, la
premurosa consolazione per quella gara persa, l’inaspettata sorpresa dopo un
intenso pomeriggio di studio prima di un esame. Quel profumo inebriava la mia
mente e la trasportava in un turbinio infinito di ricordi. Avvicinai il
cucchiaio alle labbra. Il sapore della marmellata sulla lingua rievocò le
potenti sensazioni della madeleine di Proust inzuppata nel tè.
Ed era esattamente quello che la mia bocca e la mia anima andavano affannosamente cercando: IL TEMPO PERDUTO" .
Ed era esattamente quello che la mia bocca e la mia anima andavano affannosamente cercando: IL TEMPO PERDUTO" .
L’ELABORAZIONE DEL LUTTO:
quali i fattori che la influenzano?
L’esperienza del lutto è per ogni
individuo tra le più devastanti sul piano emotivo, capace di mobilitare per
molto tempo tutte le proprie energie psichiche. Perdere qualcuno rappresenta
uno spartiacque irreversibile tra il “prima” e il “dopo” e comporta un doloroso
percorso di riorganizzazione della propria esistenza. Tale processo
consta tradizionalmente di alcune fasi che vanno dalla negazione dell’evento alla
sua accettazione e al correlato sentimento di
rassegnazione. Ognuna di queste fasi (in letteratura se ne individuano
solitamente quattro/cinque) comporta un insieme di emozioni e vissuti
contrastanti che oscillano dalla disperazione alla rabbia. Il processo può
intendesi concluso quando si è riusciti ad integrare la perdita nella trama
della propria storia personale.
I modi e i tempi in cui si attraversano le
varie fasi variano molto da una
persona all'altra poiché dipendenti da una molteplicità di
fattori individuali: età, caratteristiche di personalità, grado di parentela,
modalità di gestione delle proprie emozioni e non ultimo, il modo in cui si è stati “educati” alla perdita. Le differenze individuali incidono in modo determinante anche sulle manifestazioni del proprio dolore: c’è chi tende ad
inibirlo e chi non ha nessuna reticenza ad esprimerlo anche in pubblico; chi
sceglie di non nominare la persona che non c’è più come se questo possa
attenuare la disperazione e chi si rifugia nei ricordi, guardando
ossessivamente fotografie o video per rivederne il volto o risentirne la voce;
chi si libera immediatamente di tutti gli effetti personali del defunto e chi
li conserva per anni immutati, come reliquie sacre; chi si reca tutti i giorni
al cimitero trasformando la tomba in un tempio e chi lo rifugge, incapace di
accettare che la persona amata non possa più tornare a casa.
Significative risultano anche le modalità
in cui è avvenuto il decesso e l’intensità e la qualità del rapporto con la
persona che è venuta a mancare (ad es. una relazione molto conflittuale e
irrisolta può generare intensi vissuti di colpa).
Grande importanza, infine, rispetto ai
tempi e ai modi in cui verrà elaborato il lutto, rivestono anche alcuni fattori
ambientali: in primis il supporto familiare, il sostegno sociale ed il contesto
socio – culturale.
Ricercare il tempo perduto
per ritrovare se stessi
Pur essendo ogni fase tendenzialmente caratterizzata da alcuni aspetti peculiari, ciò che è trasversale è la devastazione emotiva provata da chi ha subito un lutto: nei momenti in cui sembrano coesistere tanto i vissuti depressivi quanto quelli aggressivi, molto comune è la ricerca disperata di chi è venuto meno; soprattutto nelle fasi iniziali, si giunge ad interpretare alcuni insignificanti segnali come stimoli della sua presenza oppure si va alla ricerca straziante di qualcosa che ci restituisca il passato. Alcune condotte, per la loro unicità, spaventano chi le mette in atto: non ci si riconosce in quei comportamenti bizzarri né in quei pensieri che sembrano tanto lontani dalla logica. Questi sentimenti spesso turbano la persona che vivel’esperienza dolorosa del lutto e aggiungono ulteriore paura e smarrimento al dolore e alla rabbia già presenti: si teme di perdere la lucidità e il controllo della ragione. Tali vissuti alimentano inoltre il senso di estraneità nei confronti di se stessi: sentimento già presente dopo la perdita di una persona cara, causato dalla necessità di riorganizzare al più presto la propria vita ed il proprio mondo interiore, accettando l’assenza di una relazione affettiva importante.
Ad eccezione di lutti
complicati o patologici, la condizione descritta, se transitoria e
limitata, è parte integrante del processo di elaborazione e perciò
non deve spaventare. Ripercorrere la natura della relazione con la persona
amata, in tutte le sfaccettature che l’hanno connotata (aspetti positivi e
negativi), consente di esplorare il proprio dolore e attribuire il personale
significato alla perdita subita. Il trascorrere del tempo permetterà di
instaurare un nuovo rapporto con la propria sofferenza e consentirà di
riattivare tutte quelle risorse personali che permetteranno di riaccostarsi
alla realtà con una nuova progettualità.
In questa cornice, la ricerca del
tempo perduto, diviene parte integrante del processo di elaborazione del lutto: permette
di organizzare le personali strategie per gestire la nuova condizione,
integrando nella propria esperienza interiore l’eredità emotiva che la persona
amata ci ha lasciato.
L'introduzione mi ha fatto venire i brividi. Mi sono rivista a vagare per casa alla ricerca della SUA presenza. Era mia sorella. La amavo come fosse mia figlia, tanto era la differenza di età tra noi. Sono passati un po' di anni, ma non riesco ancora a parlarne. Strano che abbia trovato il coraggio di scrivere qui. La mia ricerca del tempo perduto non si è mai interrotta.
RispondiElimina“E’ noto che il cordoglio acuto dopo una tale perdita passerà ma si resta inconsolabili, non si troverà mai un compenso. Tutto ciò che può subentrare, anche se si riempisse il posto rimasto vuoto, resta qualcosa di diverso. E a dire il vero, è giusto che sia così. E’ l’unico modo per proseguire nell'amore da cui non si vuole desistere”.
RispondiEliminaLo scriveva Freud in una lettera di condoglianze ad un amico che aveva appena perso un figlio. Aggiungere altre parole distoglierebbe solo l'attenzione dall'essenziale...
Ho letto solo adesso la risposta. Grazie per avermela data. A presto
EliminaQuando ho perso mia madre, ho conservato per anni la sua vestaglia. Sentire l'odore mi faceva illudere che fosse ancora con me. So che questo ha rallentato l'accettazione dell'accaduto, ma in quel momento era l'unica cosa che mi dava un attimo di sollievo!In quel profumo cercavo la bambina che ero stata e che non voleva abbandonare colei che le aveva dato la vita!
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